Come scrivevo tempo fa, in un post su Facebook, se sei un copy almeno una volta nella vita devi andare a Play Copy. E, infatti, ero stata all’edizione bolognese del 2018 e l’avevo raccontata qui.
Ma la prima volta è stata così bella che ho preso i biglietti anche per la seconda.
Quest’anno Play Copy ha superato se stessa: due giornate intere, anziché una sola, e un vivacissimo business speed date.
Gli interventi che mi sono rimasti nella testa e nel cuore sono quelli di: Paolo Iabichino, Davide Bertozzi e Valentina Falcinelli.
Voglio raccontarteli perché secondo me sono di grande ispirazione e danno molti spunti alle piccole aziende su come comunicare i propri valori.
Armati di parole
L’intervento che, più di tutti mi è rimasto impresso — non me ne vogliano gli altri — è stato quello di Paolo Iabichino.
Il titolo era “Armati di parole” e conteneva già una domanda: àrmati o armàti?
Quando ci armiamo di parole, queste diventano difesa da chi ha fatto a pezzi l’immaginario collettivo con gli stereotipi.
Un esempio di cosa significa per un brand armarsi di parole per difendere dei valori è la campagna realizzata da Nike nel 2018 che aveva come protagonista l’ex atleta Colin Kaepernick.
Nel 2016 prima dell’inizio di una partita Colin Kaepernick, durante l’inno, si era inginocchiato per protestare contro i maltrattamenti della polizia sui neri. Trump lo aveva criticato e aveva chiesto pubblicamente la sospensione per lui e per tutti quelli che si erano inginocchiati.
Due anni dopo, Nike sceglie proprio Kaepernick, ormai ex-atleta, come testimonial per la sua campagna “Believe in something”.
Nike, scegliendolo, ha deciso di battersi, di schierarsi per superare il gender gap.
La scelta di Nike può essere d’esempio per tutti: per i grandi marchi e per le piccole aziende.
Ogni marchio deve prendere una posizione e rivolgersi ad un pubblico — che è diverso da “colpire” un bersaglio, un target.
“Usiamo la scrittura per difendere una cultura, un modo di stare insieme e condividere contenuti di valore.”
I consigli per scrivere headline di Davide Bertozzi
Seguo Davide Bertozzi da qualche anno. I suoi lavori mi trasmettono sempre entusiasmo perché sono calati nella nostra realtà italiana, che a volte è davvero piccola come quella di un ortofrutta di paese.
Sono certamente stata affascinata dai video degli spot pubblicitari di grandi marchi, come Johnny Walker e Adidas, mostrati da Lavinia Francia. Però, quando li guardo mi chiedo se si possa dare lo stesso effetto finale di coinvolgimento anche lavorando per un marchio più piccolo e avendo un budget minore a disposizione.
Davide ha risposto alla domanda con il suo intervento mostrando le grafiche e le headline che ha realizzato per alcuni dei suoi clienti.
Ha dimostrato come a volte può bastare davvero poco per ideare una campagna che si distingua dalle altre e che sia perfettamente centrata sul tema e sul pubblico a cui vuole rivolgersi.
È il caso, ad esempio, del copy ad che lo Studio di Davide ha realizzato per un corso di yoga, in cui il copy è capovolto: quando, lo guardi, ti viene istintivo piegare la testa, ovvero fare un piccolo movimento di yoga. Io lo trovo davvero geniale.
Geniale come le grafiche e i copy ad realizzati per un ortofrutta di paese che voleva comunicare in modo diverso con i suoi clienti.
Come lo venderesti un kiwi? “Cosa ti viene in mente se dici 10 volte di fila kiwi?”
A me forse non sarebbe venuto in mente nulla, ma guarda un po’ che motivetto ha trovato Davide: “Kiwi me softly”.
Anche i piccoli marchi possono comunicare meglio, distinguendosi dagli altri e facendo emergere i loro valori e la loro personalità.
Ma ora passiamo a lei, la CEO di Pennamontata, Valentina Falcinelli con il suo intervento dal titolo “Comunicazione superlativa”.
Tutte le esagerazioni da evitare in un naming
Se ti dicono di pensare a un brand dal nome esagerato cosa ti viene in mente?
Probabilmente l’acqua “Levissima” della Sanpellegrino.
Ma ci sono tanti altri brand che hanno un superlativo nel nome che può essere: colto, furbo, creativo. Colto come il gelato “Magnum” di Algida, furbo come “Absolut vodka”, o creativo come “Better than sex” del mascara Too Faced.
In giro, però, non ci sono solo brand con nomi esagerati ma anche slogan esagerati come quello di Redbull: “Redbull ti mette le aaali”.
Uno slogan che non nasce con la parola ali scritta con le tre “a” ma che, come ha raccontato la Falcinelli, ha dovuto ripiegare su questa scelta dopo che un consumatore aveva denunciato l’azienda per pubblicità ingannevole — bere Redbull non mette le ali.
Il marchio è stato costretto a risarcire tutti i consumatori e a modificare lo slogan. Per non stravolgerlo si è scelto di mettere tre “a” all’inizio di ali in modo da far capire il rimando a un nome di fantasia.
Ci sono poi le parole esagerate, i paroloni da non usare, come leader di e il re di che fanno sembrare tutti i marchi uguali, noiosi e autoreferenziali. Sono solo parole vuote che quasi sempre mentono perché non sono basate su valori oggettivi.
Prima di scegliere le parole con cui comunicare bisognerebbe “valutare i rischi, capire se c’è credibilità, se ci sono opportunità da cogliere”. Il consiglio della Falcinelli è di eliminare gli elementi opinabili e gli aggettivi contrastanti, recuperare i dati oggettivi, parlare di valori e benefici e, soprattutto, allinearsi al tono di voce e alle aspettative del target.
Quelli di Paolo Iabichino, Davide Bertozzi e Valentina Falcinelli sono solo alcuni dei consigli che mi sono portata a casa dall’edizione 2019 di Play Copy. Ho portato via con me anche tanti altri ottimi spunti su come poter aiutare le piccole aziende a comunicare e un elenco di errori da non fare.
Ringraziamenti
Ringrazio tutto lo staff di Pennamontata per il bellissimo copybook su cui prendere appunti, per i panini con la marmellata, per il book sharing e, soprattutto, per avermi fatto trascorrere due giornate piene di belle emozioni.
Play Copy è stata l’occasione per incontrare tantissime persone con cui fino al giorno prima avevo parlato solo online, per associare i volti ai nomi e per conoscerci meglio. Ringrazio le persone nuove che ho conosciuto e quelle che conoscevo già per il tempo trascorso insieme, le foto con buffi cappelli e i tanti abbracci: Anna, Laura, Erica, Fiorella, Anna R., Chiara, Denise, Silvia …
E per chiudere in bellezza una frase di Annamaria Testa, portata sul palco di Play Copy da Francesca Mattia, da tenere sempre a mente: